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Cohousing

ABSTRACT LIBRI “il cohousing”

COHOUSING E CONDOMINI SOLIDALI a cura di Matthieu Lietaert , Edizioni AAM Terra Nuova 2007

Il libro è diviso in 4 sezioni.

Nella prima “PERCHE’ VIVERE IN COHOUSING” sono riportate testimonianze, tesi e riflessioni di diversi autori sul tema del cohousing esaminandone le idee fondanti, la questione del rapporto tra i generi, le ragioni ambientali, il modello economico e sociale proposto dalle comunità, la pianificazione e la progettazione.

Nella seconda sezione ”I SUGGERIMENTI DI CHI CI E’ RIUSCITO” si esamina la fase di avvio di un cohousing.

Si possono trovare consigli pratici di chi si trova “in corso d’opera” (essenziale rifarsi all’esperienza di ciò che già esiste e stabilire delle chiare regole di base), riflessioni sugli errori più comuni che si commettono all’inizio, un interessante saggio che illustra le basi del  metodo del consenso come metodo di partecipazione e aggregazione.

La terza sezione “ ESPERIENZE DI COHOUSING IN EUROPA E NEGLI USA” raccoglie le testimonianze dirette di diversi cohousing europei e statunitensi.

Il primo paragrafo è dedicato alla Danimarca paese che ha dato “i natali” al cohousing dove attualmente è largamente apprezzato. E’ riportata un’interessante intervista al fondatore del vasto cohousing di Munksogaard , nato dopo il 2000 e  composto da una comunità di 100 famiglie che rappresenta la nuova frontiera di cohousing, dove coesistono case in affitto, in proprietà mista e di proprietà privata.

Il paragrafo sul Regno Unito descrive al contempo un’esperienza pilota e la difficoltà che incontra il modello del cohousing ad attecchire (costo dei terreni molto elevato, società immobiliari non interessate, estrema difficoltà di finanziamento)

In Svezia invece il cohousing è una realtà più diffusa grazie al sostegno delle amministrazioni locali (la maggior parte sono pubblici). Nel paragrafo dedicato alla Svezia si descrive nel dettaglio il più grande cohousing svedese,  quello di Stolplyckan con 184 appartamenti in 13 caseggiati collegati tra loro da camminamenti e dotato di grandi spazi comuni.

Il paragrafo sull’esperienza dell’ Olanda spiega come  la diffusione e la crescita del cohousing in questo paese sia stata favorita dalle tendenze culturali presenti e dai movimenti sorti alla fine degli anni ’60. In Olanda come in Svezia inoltre è presente un forte investimento pubblico sia negli edifici che nella gestione. Interessante il modello dell’organizzazione dei cohousing in circoli (clusters) ognuno dei quali ha i propri spazi (sala, cucina, lavanderia, giardino) e i cui membri scelgono i nuovi membri, mentre l’intera comunità ha un edificio per le feste, serate, incontri, etc.

In Germania non sono presenti  molti progetti abitativi comunitari; piuttosto si trovano realtà di appartamenti condivisi con 3 o 4 residenti. Nel paragrafo si descrive il caso della comunità di Niederkaufungen, esempio di progetto suburbano dove vivono circa 80 persone.

Negli Stati Uniti  il cohousing è un fenomeno in rapida crescita negli ultimi 15 anni (rispetto al 2007 data a cui risale il libro). Esistono società specializzate con consulenti finanziari, progettisti e facilitatori che aiutano i cohousers a sviluppare piani strategici e ad attuare i progetti

In California è stata data vita ad un cohousing insieme ad un progetto misto residenziale-commerciale in pieno centro a Oakland. E’ un progetto che mostra come il cohousing  negli Stati Uniti diventa una strategia per portare famiglie di reddito medio in città.

Infine la quarta sezione “IN ITALIA”  mostra come si è sviluppata l’idea di vita comunitaria  in Italia distinguendo tra ecovillaggi, cohousing e condomini solidali  e quali sono le prime esperienze realizzate.

L’ABITARE CONDIVISO “Le residenze collettive dalle origini al cohousing, Edoardo Narne e Simone Sfrisio, 2013 Marsilio Editori spa , Venezia, Prima edizione ottobre 2013

Il libro scaturisce da un lavoro di ricerca in Composizione Architettonica dal titolo “prototipo di cohousing: ricerche e sperimentazioni sulla tipologia e sulla morfologia della residenza rivolte ad una qualità dell’abitare condiviso svolto presso l’università di Padova

Il libro è sostanzialmente composto da due parti:  una descrittiva sulla storia e sui perché del cohousing ed una illustrativa in cui vengono esposte le esperienze del co housing nel mondo.

  1. Le amministrazioni della vecchia Europa hanno molte volte sottovalutato l’importanza di coinvolgere l’utente nella progettazione degli edifici progettati per ospitare housing sociale. Ma alcune significative sperimentazioni si sono distinte quando l’amministrazione si è dimostrata responsabile ed i progettisti hanno operato sapendo di rispondere alle esigenze dei futuri abitanti rispettando le esigenze culturali che i luoghi ci impongono di valutare. Un interpretazione non solo finalizzata al funzionalismo ma in grado di leggere specificità, tradizioni e valori, ascoltando, misurando il territorio e le naturali aspettative in un unico senso che si puo dilineare come ”genius loci”.
  2. Il testo ripropone all’attenzione dei progettisti e degli studiosi più sensibili alle tematiche abitative vari esempi di esemplari esperienze di vissuto condiviso.
  3. Il cohousing appare una risposta aggiornata alle situazioni di precarietà, alla flessibilità del lavoro, alla dissoluzione della famiglia tradizionale ed al conseguente manifestarsi di nuclei familiari tradizionali ed al conseguente manifestarsi di nuclei familiari diversificati dove l’affettività e la socialità vengono ridistribuiti in altre forme.

Alcuni progettisti come Vandkunsten in Danimarca, i BKK-3 in Austria e Tam associati in Italia, stanno operando con finalità “less aesthetics and more ethics”

Sorvolando la storia dell’evolversi delle città che da villaggi attraverso l’aggregazione di gruppi arriva alla definizione dell’attuale dimensione città, il novecento è il primo momento storico in cui si sperimenta l’architettura sul tema della residenza.

Karl Ehn realizzò nei sobborghi di Vienna la costruzione di un intero fabbricato di 4/5 piani, esteso per un chilometro e ritmato da tre corti-piazze principali e da servizi per circa cinquemila abitanti. Lo schema morfologico e composto da blocchi disposti a corte intorno a servizi comuni. I cambi di scala sono l’elemento che ha determinato il successo nel tempo di questo esperimento   che lascia all’abitante una dimensione individuale del suo alloggio.

Michael de Klerk , ad Amsterdam, progetto un piccolo isolato di forma triangolare condensando in pochissimo spazio molte funzioni pubbliche.

Le Corbusier,  esprime in fase costruttiva i suoi dubbi sulla riuscita dell’Unitè d’habitation di Marsiglia, a causa dei limiti del modello stesso di città proposto. Il modello della Ville Radieuse si dimostrerà un vero insuccesso nell’applicazione dei suoi principi. Tutte le successive esperienze nei vari continenti hanno sviluppato situazioni di massimo degrado e conseguente rifiuto da parte dei suoi abitanti.

Nel 1972, per la prima volta nella storia dell’architettura , viene abbattuto al suolo un complesso edilizio nel quartiere popolare di St.Louis, progettato 18 anni prima da Minoru Yamasaki. Questo proprio per significare che la strada massificante della residenza non è più perseguibile e che pertanto l’abitare umano deve essere riconsiderato ponendo le esigenze dell’uomo al centro del progetto, spostando così l’angolazione della progettazione.  Le dimensioni di questo fallimento a Pruitt-Igoe, ha rappresentato un episodio iconico negativo della sperimentazione nella sfera abitativa dell’architettura.

Hassan Fathy, negli anni ‘50 e ’60, negli sperimenti urbani a New Gourna e New Baris, in cui ogni abitazione è provvista del proprio cortile semipubblico e ciascuna piazza è circondata da case servendo gruppi di famiglie legate tra loro e gestite da un patriarca. Questa attenzione alla scala umana, negando a priori il progresso ordinatore e di sviluppo capitalistico prevaricante come risposta controcorrente all’architettura massificatrice delle residenze sociali.

La risposta attuale piu riuscita alla rinnovata esigenza di abitazioni è il Linked Hybrid di Pechino progettato da  Steven Holl. In questa esperienza, i vari servizi dell’Unitè d’Habitation sono distribuiti in un percorso elicoidale trovando  un giusto equilibrio tra spazi individuali e momenti collettivi.

Oggi cosa si intende per cohousing

Il termine viene coniato ed ha origine in Danimarca alla fine degli anni ’60 per iniziativa dell’arch. Jan Gudmand-Hoyer con un gruppo di persone motivate a realizzare un intervento residenziale con il concetto di vicinato solidale. Il complesso residenziale Skraplanet viene realizzato nel 1972 e definito “comunità vivente”. Il fenomeno si diffonde successivamente il Svezia ed Olanda.

Le ragioni della diffusione in questi territori è da ricercare nei fenomeni di  trasformazione della famiglia tradizionale che vira verso nuclei familiari con un unico genitore, la flessibilità del mercato del lavoro e la precarietà, queste situazioni spingono a sostituire l’affettività e la socialità , una volta assicurati dalla famiglia, con la nuova modalità residenziale di cohousing.

La diffusione del cohousing si fa risalire a tre fasi:

  1. anni ‘60 /’70 nei paesi scandinavi si sviluppa con il fine di creare socialità e mutuo soccorso tra nuclei familiari;
  2. anni ’80 negli Stati Uniti , si diffonde grazie agli studi di McCamant e Durrett , diventanto opzione anziché fenomeno di nicchia;
  3. anni ’90 in Europa centro meridionale e nei paesi anglofoni.

Attualmente la diffusione del cohousing è motivata dall’esigenza dell’aumentata sensibilità nei confronti dei temi sullo sviluppo sostenibile e dalla ridotta disponibilità economica dei nuclei familiari. Questi argomenti diventano la base per sperimentare un modo di abitare tendente alle relazioni e si differenzia con il passato per avere un approccio laico.

Il cohousing identifica insediamenti residenziali composti da abitazioni private corredate da spazi coperti e scoperti destinati all’uso collettivo. La presenza di questi spazi comuni adibiti a sale polifunzionali, cucine comuni, lavanderie, guest house, biblioteche-ludoteche, laboratori, magazzini, ecc..è il segno identificativo del cohousing.

Gli spazi comuni sono luogo di socialità per lavoro domestico, studio, svago e per riunioni, feste, attività culturali.  I Cohouser possono disporre di GAS (gruppi di acquisto solidali), babysitteraggio, car sharing ed altro.

La presenza di questi servizi consente di ridurre gli spazi all’interno delle abitazioni con il conseguente riduzione di costo di costruzione.

Tassello fondamentale della costruzione di un cohousing è la formazione di un gruppo di coabitanti, l’individuazione di un terreno o di un immobile, la progettazione economica e la realizzazione.

Durret e McCmant individuano 4 caratteristiche comuni tra le varie realizzazioni di cohousing:

  1. partecipazione intenzionale – i residenti partecipano in modo attivo alle decisioni progettuali
  2. progettazione intenzionale – è progettato per incoraggiare un forte senso di comunità;
  3. ampi servizi comuni – gli spazi comuni rappresentano un integrazione dei servizi privati;
  4. gestione diretta da parte dei residenti – i residenti gestiscono la struttura e prendono le decisioni in riunioni periodiche.

Il cohousing non si pone come una teoria ma è un esperienza che si modella sulle esigenze delle persone che compongono la comunità.

CONDIVISIONE RESIDENZIALE “Il silver cohousing per la qualità urbana e sociale in terza età” Sandro Polci, Carrocci editore

I contenuti dell’intero libro, ripetitivo e parafrasante, si esauriscono nel primo capitolo, di 10 pagine, intitolato: Per una nuova silver economy.

L’autore osserva:

  • L’aumento della popolazione anziana;
  • La frequente condizione abitativa di un solo anziano in un’abitazione di svariate stanze;
  • La mancanza di risorse pubbliche e di investimenti privati per realizzare residenze funzionali per anziani;
  • Le problematiche specifiche e ricorrenti della 3^ età: basso reddito pensionistico, isolamento sociale, solitudine, necessità di assistenza socio-sanitaria;

E riporta molti dati statistici relativi alla popolazione di anziani, tra cui:

  • Famiglie di anziani unipersonali: 3,5 milioni;
  • Anziani soli che vivono in case con più di quattro vani: 61,2%;
  • Pensionati con pensioni inferiori a € 1000,00: 8 milioni;
  • Pensionati con pensioni inferiori a € 500,00: 1,35 milioni;
  • Incidenza della spesa per la casa e l’energia di un pensionato è pari a quasi il 50% della pensione;

L’autore richiama l’esperienza innovativa del Cohousing, come “.. realizzazione di comunità residenziali nelle quali i singoli soggetti collaborano, coabitano, condividono e cooperano insieme con un obiettivo comune.”, ed espone i vantaggi di un silver cohousing specifico per anziani, sostenuti da proiezioni statistiche, così sintetizzabili:

  • La coabitazione di 2 o più persone genera “liberazione di risorse” da € 352,00 (due persone) a € 1.028,00 (4 persone) al mese, impiegabili per migliorare la qualità di vita e per risparmi personali;
  • Consente la diminuzione dell’ospedalizzazione non acuta, attraverso le cure domiciliari;
  • Reimmettere sul mercato nazionale da 100.000 a 200.000 alloggi, ora occupati da un anziano;
  • Reimmettere sul mercato nazionale da 60.000 a 120.000 alloggi di grandi dimensioni destinabili al social housing;

Del tutto astrattamente l’autore sostiene che la “liberazione di risorse” interesserebbe le entrate dello Stato, per esempio producendo una crescita dell’IVA di ben 200 milioni.

In sostanza, l’autore ripete di nuovo, il silver cohousing è strategico per:

  • Alzare le pensioni del 30% (intende dire che diminuiscono le spese fisse);
  • Utilizzare al meglio il patrimonio immobiliare, liberando alloggi per investimenti di social housing;
  • Liberare gli anziani dall’isolamento e dall’esclusione sociale, superando i problemi di mancata assistenza (che però sono indipendenti dal cohousing);
  • Superare le difficoltà delle cure sanitarie a favore di un’assistenza domiciliare (isic!);

Nell’ultimo paragrafo del capitolo viene ricordato il 2012 come l’”Anno europeo dell’invecchiamento attivo e della solidarietà tra le generazioni” in cui l’UE ha promosso e incoraggiato azioni a favore della solidarietà e della cooperazione tra generazioni, con gli obiettivi di:

  • Sensibilizzare l’opinione pubblica alla partecipazione attiva degli anziani nella società e nell’economia;
  • Promuovere dibattiti e scambi di buone pratiche tra paesi UE per la cooperazione;
  • Sviluppare attività e soluzioni innovative, con obiettivi politici a lungo termine;
  • Lottare contro le discriminazioni dell’età, in particolare nell’occupazione;

Dimenticando del tutto la solidarietà tra generazioni, l’autore ribadisce che il cohousing per la 3^ età costituisce:

  • Antidoto all’isolamento e alla solitudine;
  • Un modo per superare le difficoltà con la condivisione degli spazi abitativi, dei servizi, del ménage e delle spese correnti;
  • L’opportunità di avere dei vicini che si conoscono e su cui si può contare nel bisogno;

Seguono, al primo capitolo, tre capitoli saturi esclusivamente di dati statistici sui temi prefigurati, divisi per regioni, provincie, epoche, fasce di età e livelli socio-economici.

Il capitolo 5° ripete, dilungandosi inutilmente, le considerazioni premesse nel primo capitolo, con alcuni poveri accenni storici di cohousing, e segnalando l’esperienza torinese della cooperativa “Numero zero”.

Il capitolo 6° torna alle “Valutazioni delle convenienze e degli impatti socio-economici” che però sono, sostanzialmente, solo valutazioni economiche, presentate con varie tabelle di statistiche economiche, e con anche cinque simulazioni economiche, in cinque delle maggiori città italiane, di una contabilità di bilancio e risparmio, derivati dalle premesse: accorpamento degli anziani, case liberate, risparmi pensionistici, maggiori entrate per lo Stato, risparmio di assistenza sanitaria.

Il capitolo 7° illustra brevemente le basi economiche per avviare un processo di silver cohosung diffuso: cessione degli alloggi troppo grandi per i singoli anziani ad un fondo comune, gestione attraverso rotazione degli investimenti e rientro mediante affitti, proporzionati alle possibilità di ciascuno.

Segue e conclude l’Appendice, Materiali a supporto della progettazione di interventi residenziali per anziani, che si riferisce appunto alla progettazione di abitazioni per anziani, del tutto estranea alla ricerca e alla valutazione di criteri e metodi di progettazione di abitazioni in cohousing. Infatti i materiali dei due paragrafi, come dichiarato, sono direttamente tratti da: “Residenze sociali con servizi per anziani. Il modello “vivienda dotacional” del Comune di Barcellona” di F.Cocco e R. Pibiri,  e da: Linee guida per la progettazione di residenze per anziani del laboratorio di progettazione architettonica del Prof. A. Masarente dell’Università di Ferrara.

STUDIO TAMASSOCIATI, vivere insieme cohousing e comunità solidali, 2012, Altraeconomia Edizioni

Il libro si presenta come una guida utile per chi vuole avvicinarci al cohousing, citando un capitolo del libro stesso può essere definito “lo starter kit del cohouser”.

Il libro descrive alcune esperienze italiane di cohousing  recenti ( 2008 -2012 ).

In particolare gli autori parlano di due percorsi di cohousing, di cui si sono occupati come progettisti, che hanno raggiunto con successo la fase realizzativa: a san Lazzaro (BO) con un intervento di convenzione pubblica, in collaborazione con l’associazione E’/Co-housing e a Villorba (TV) con un intervento di iniziativa privata in collaborazione con la Cooperativa Pace e Sviluppo. Gli autori del libro sono stati i promotori, gestori e facilitatori del processo di questi progetti.

4. Personaggi principali

Più che di personaggi nel libro si parla di figure coinvolte nel processo del cohousing e in particolare:

– i tecnici, in prima persona gli autori del libro, traduttori da desideri a segni tecnici, una sorta di mediatori sociali, dei simplicity manager,

– i cohouser, che hanno in comune stile di vita, regole di comportamento, un gruppo necessariamente affiatato, derivanti preferibilmente da reti sociali già esistenti,

– le associazioni, come quella di E’/Co-housing, nata nel 2008 da un gruppo di ecologisti, per promuovere un’idea diversa di abitare, che si scontrò con la dura realtà dei tempi lunghi per l’avviamento di un progetto e della necessità di apportare un valore aggiunto al territorio per avere il supporto di assessori e sindaci,

– le cooperative, che nascono necessariamente per ottenere i finanziamenti e per la fase realizzativa del progetto, i titolari del cohousing,

– le reti sociali, come la Rete Italiana Cohousing nata nel 2010 ma sviluppatasi nel 2012 dopo aver maturato esperienze e metodo, con l’obiettivo di condividere le esperienze, di redigere uno statuto riconosciuto per il cohousing, una sorta di accordi quadro con tutti i soggetti coinvolti, di definire le linee guida con le pubbliche amministrazioni e le convenzioni tra pubblico e privato, di definire un accordo con le banche soprattutto quelle legate al territorio, di costruire una filiera etica dell’abitare; per ora la rete è solo un luogo virtuale di interscambio e forse in futuro sarà necessario formare un’agenzia più strutturata per sviluppare concretamente i progetti.

“Vivere insieme” inizia con la storia e la definizione del cohousing, un diverso modo di abitare. Il cohousing nasce alla fine degli anni ’60 in Danimarca e si diffonde negli anni ’80 grazie al libro di due architetti americani, prima negli Stati Uniti e poi in altri paesi come Giappone, Germania, Francia, Belgio. In Italia inizia a prendere piede in epoca recente. Le caratteristiche principali del cohousing sono:

–  la combinazione di abitazioni private con spazi, risorse e servizi comuni in una comunità di vicinato elettivo;

– i progetti improntati sulla sostenibilità ambientale, al risparmio energetico e alla bioedilizia.

Il cohousing è rivolto a quelle persone che vogliono soddisfare le proprie necessità di socialità, condivisione, mutuo scambio e aiuto secondo i principi di equità,sostenibilità, conservazione delle risorse naturali, tutela e sviluppo dei beni comuni.

Il cohousing è un fenomeno socio-culturale, un lungo e difficile processo di socializzazione e costruzione che inizia dalla formazione del gruppo. I cohouser si scelgono, si confrontano, stipulano patti, condividono idee, affrontano un percorso partecipato di progettazione con i tecnici. Si lavora per la ricerca del consenso di tutti i membri del gruppo nell’interesse comune e le regole, al contrario di un usuale condominio già regolamentato, si definiscono lungo il percorso con il buon senso. I problemi che inevitabilmente emergono nella progettazione partecipata devono essere trasformati in potenzialità da condividere attraverso l’individuazione di percorsi e strategie.

Le fasi del cohousing si possono riassumere come segue:

fase 1: attivazione di un gruppo e individuazione delle zone di interesse, attraverso incontri preliminari anche a carattere pubblico; azioni fase 1: attivazione della rete, incontro pubblico per l’attivazione di un gruppo, incontri selezionati per individuare gli obiettivi comuni, prima verifica della disponibilità finanziaria, individuazione delle aree di interesse, verifica dei possibili percorsi di iniziativa pubblica;

fase 2: definizione delle strategie progettuali e ricerca del luogo, attraverso la ricerca di un’aerea da edificare o un edificio da recuperare; azioni fase 2: stabilire un piano finanziario con attenzione al contenimento dei costi, iniziare una ricerca immobiliare nell’area prescelta, verificare il prezzo dell’area/edificio, le capacità edificatorie e le dotazioni urbanistiche, avviare un dialogo con le amministrazioni pubbliche per verificare la disponibilità di aree/edifici che possono essere assegnate a un gruppo di cohouser;

fase 3: progettazione preliminare e piano finanziario attraverso uno studio di fattibilità e un primo quadro estimativo di spesa; azioni fase 3: progettazione partecipata, piano finanziario e di fattibilità, piano di comunicazione e sviluppo;

fase 4: fase definitiva del progetto e acquisizione del terreno/edificio attraverso la formalizzazione del gruppo in associazione, cooperativa etc per permettere l’acquisizione e il proseguimento del progetto; azioni fase 4: costituzione legale del gruppo, stesura del regolamento del gruppo, acquisizione del terreno/edificio, progettazione e pianificazione finanziaria definitive;

fase 5: progetto esecutivo e realizzazione; azioni fase 5: progettazione esecutiva, appalto, cantiere.

Uno dei progetti realizzati è quello di San Lazzaro che nasce dall’idea di una persona che si vede costretta presto a coinvolgere un’associazione in quanto il Comune desiderava interloquire con un soggetto riconosciuto e rappresentativo di un certo numero di famiglie. L’associazione riesce a radunare 12 famiglie e dopo non poche difficoltà viene costituita nel 2011 una cooperativa per partecipare ad un bando comunale per un terreno edificabile con un edificio in parte recuperabile. La cooperativa diventa proprietaria del terreno e riesce ad ottenere un finanziamento dalla banca che permette l’inizio dei lavori. Nel 2013 il cohousing di San Lazzaro diventa realtà. Il progetto pone attenzione agli spazi comuni posti al piano terra e con accesso diretto dalla via pubblica per consentire facile utilizzo da parte del quartiere.

L’altro progetto è l’ecoquartiere Quattro Passi di Villorba (TV), nato grazie al lavoro della cooperativa di commercio equo e solidale “Pace e Sviluppo”, di Studio Tamassociati, dell’associazione Cambieresti e dell’impresa cooperativa Sa.fra.  L’ecoquartiere prende il nome dalla fiera Quattro Passi perché vuole mettere in atto le buone pratiche promosse dalla fiera stessa.  Il progetto coinvolge 8 famiglie ed è un intervento di edilizia privata, edificata su un lotto acquisito sul libero mercato. Gli edifici sono collocati nel lotto secondo il principio insediativo del borgo della tradizione locale, in rispetto del vincolo urbanistico. Il cuore del progetto è un ampio spazio verde comune al centro del borgo. Gli altri servizi comuni sono ai margini del lotto per preservare lo spazio interno come spazio tranquillo, protetto e sicuro. Il progetto risponde agli standard energetici richiesti. I principi che hanno fondato questo progetto sono l’attenzione alle persone e alle relazioni, l’accoglienza, la condivisione, l’apertura al territorio, l’eco sostenibilità, il regolamento basato sul favori mento del clima collaborativo e il metodo del consenso, la dimensione comune.

Altri esempi di cohousing brevemente descritti nel libro sono “La Corte dei Girasoli” di Vimercate (MB) , grazie ad un bando comunale del 2010 vinto da un gruppo di 14 famiglie che hanno formato un’associazione, conclusione prevista nel 2014; “Ecosol” di Fidenza (PR), parte nel 2006 da un gruppo di 13 famiglie che formano una cooperativa, con inizio cantiere nel 2011 e conclusione prevista nel 2013, si contraddistingue per l’efficienza del progettazione energetica, “Numero Zero” di Torino, un gruppo di 8 famiglia che sono unite in cooperativa prende in ristrutturazione una palazzina di fine ‘800, con inizio cantiere nel 2010 e conclusione prevista nel 2012, “Malborghetto” (FE) , da un gruppo di famiglie che formano un’associazione, “ Cio’-housing” a Faenza (RA) su un immobile già esistente acquistato dall’associazione omonima.

Il libro si conclude con la descrizione dei vari tipi di comunità solidali ossia le comunità intenzionali, gruppo di persone che risponde al bisogno di comunità con ispirazione a stili di vita sostenibili, le comuni, comunità in cui la proprietà privata è esclusa o limitata (per es. la Comune di Bagnaia e di Urupia), gli eco villaggi, comunità con caratteri rurali e stile di vita sostenibile (per es. Il Vignale di Viterbo, Granara a Parma, il villaggio diffuso degli Elfi a Pistoia),  le comunità rurali, comunità legate fortemente alla terra e al lavoro agricolo(per es. il Forteto di Dicomano nel Mugello e Macinarsi di Borgo Val di Taro),  le comunità religiose e inziatiche, che si fondono su convinzioni religiose, mistiche e inziatiche (la più famosa Damanhur nella Valchiusella), i condomini solidali, famiglie legate dal senso di comunità e solidarietà ( per es. mambre di Cuneo, il Centro nuovo modello di sviluppo di Vecchiano di Pisa, Nomadelfia di Grosseto), l’ housing sociale, offerta di alloggi a canone moderato con impegno del settore pubblico.

Ecovillaggi e cohousing, Francesca Guidotti , Terra Nuova Edizioni – 1^ stampa 09/2013

Questo libro costituisce una valida guida rivolta non solo a chi voglia conoscere o approfondire la tematica dei cohousing/ecovillaggi ma anche a chi decida per scelta di vita di entrare a far parte di un cohousing/ecovillaggio.

Il libro è sostanzialmente diviso in due sezioni dove vengono affrontati i due temi dell’ecovillaggio e del cohousing.

In questo libro sono anche analizzati gli aspetti giuridici e normativi. Lo stato Italiano riconosce una sola forma di comunità: quella religiosa.

Questa lacuna normativa costringe i cohauser, per essere in regola con la legge, ad inventarsi ogni volta degli escamotage giuridici. Il nostro ordinamento presenta molte strutture legali atte a favorire lo svolgimento delle attività gestite da più persone che abbiano un obbiettivo comune.

Purtroppo è molto facile fraintendere il fine delle azioni compiute all’interno di un contesto abitativo dove coesistono la dimensione abitativa familiare, lavorativa, la gestione di spazi comuni e privati, l’organizzazione di ospitalità e di attività ricreative e/o formative aperte agli esterni della comunità. Le possibili definizioni giuridiche che più si adattano allo scopo delle comunità sono le Cooperative, le Associazioni e le Fondazioni. Naturalmente scegliere accuratamente la formula che meglio rappresenta i propri obbiettivi e più si avvicina ai fabbisogni del gruppo, è fondamentale, per una buona coesistenza all’interno della comunità.

Nel momento attuale di crisi edilizia, la società Cooperativa di abitazione, sicuramente soddisfa i bisogni abitativi dei cohuser per le condizioni vantaggiose che è in grado di offrire rispetto al mercato. Le cooperative possono beneficiare di agevolazioni fiscali ed i soci aderiscono versando quote di denaro in base alle proprie disponibilità inoltre nelle cooperative ogni socio ha diritto ad un voto indipendentemente dal capitale versato.

La soluzione migliore è quella di darsi delle regole che rappresentino il giusto equilibrio fra l’interesse collettivo e quello privato nel realizzare il progetto comunitario.

La Legge italiana tende a selezionare gli ambienti dove svolgere delle specifiche attività e gli spazi difficilmente sono concepiti come polifunzionali. Questa lacuna si riscontra soprattutto nei cohousing che vogliano intraprendere un’attività per il solo guadagno della comunità. Per cui se un cohauser, che svolge la sua attività lavorativa esternamente al villaggio, volesse aiutare un altro membro della comunità a svolgere una qualsiasi attività lavorativa per produrre uno qualsiasi dei prodotti aziendali, in pratica potrebbe incorrere in sanzioni per attività illecite. La legge italiana lascia libertà di intervento, all’interno di un’attività lavorativa, ai membri di una famiglia fino alla parentela di primo grado. Per cui questa difficoltà è accentuata dal fatto che in una comunità spesso i membri mantengono un proprio lavoro all’esterno della residenza nel cohousing.

Per le specifiche consultare:

  • Legge 8/11/1991 n° 381 – Disciplina delle cooperative sociali.
  • Decreto Legislativo 4/12/1997 n° 460 – Riordino della disciplina tributaria degli enti non commerciali e delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale.
  • Testo Unico delle proposte di Legge n° 159, 285, 577, 1167, 2674, 3300 – Disciplina dell’Associazione sociale.
  • Legge 7/12/2000 n° 383 – Disciplina delle associazioni di promozione sociale.

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